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CONSENSO: "UN METODO MORBIDO PER GRUPPI FORTI"
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Ancora qualche considerazione sul Metodo del Consenso da parte di Roberto Tecchio

Per leggere la prima parte: Introduzione...



Attenti al compito e ai rapporti umani.
Gli incontri servono per affrontare e risolvere problemi comuni. Le buoni soluzioni tengono conto sia degli aspetti concreti dei problemi, sia delle relazioni tra i soggetti. Se non c’è un buon rapporto, sufficientemente disteso e fiducioso, anche semplici problemi possono complicarsi e diventare un grave peso. È necessario ricordare che nel lavoro di gruppo entrambi gli obiettivi (di contenuto e di relazione) devono essere sempre opportunamente curati: l’uno influisce sull’altro.

Distinguere le persone dai problemi e… concentrarsi sui problemi.
Quando si affrontano i problemi un aspetto che si tende a dimenticare è che dall’altra parte ci sono esseri umani che hanno sentimenti, valori e convinzioni profondamente radicati, differenti storie e punti di vista, esattamente come noi. Ognuno ha un "io" che è sensibile e che facilmente può sentirsi minacciato, e un io minacciato pensa soprattutto a difendersi. Ogni giudizio sulla persona rischia di danneggiare la relazione e di alterare il buon clima psicologico che è indispensabile per fruire delle risorse di creatività e intelligenza di tutti i partecipanti, risorse senza le quali non è possibile trovare buone soluzioni ai problemi. Perciò è fondamentale rimanere aderenti ai fatti, ai termini concreti dei problemi, "attaccando" le idee e le proposte anche molto fermamente se necessario, ma rimanendo al contempo interiormente rispettosi verso le persone: "duri col problema, morbidi con le persone". Qui aiuta moltissimo non identificarsi con le proprie idee, ricordandosi che "le mie idee, non sono mie!"

Distinguere i bisogni dalle soluzioni e… concentrarsi sui fondamenti.
Nell’affrontare i problemi si dimentica che il cuore delle questioni non si trova nelle posizioni di partenza (a volte solo apparentemente contrapposte), ma nei bisogni, preoccupazioni e convinzioni delle parti coinvolte, cioè in quelli che alcuni chiamano i "fondamenti" dei problemi. Per es. spesso si discute (e si litiga) sulle proposte di soluzione senza avere adeguatamente scandagliato quali sono i bisogni in gioco: le soluzioni rappresentano la risposta a dei bisogni e lo stesso bisogno può essere soddisfatto in tanti modi diversi, cioè ci possono essere tante soluzioni per uno stesso problema. Se ci si fissa su certe idee diventa impossibile negoziare costruttivamente. Non si tratta di rinunciare ai propri principi, né di nascondere le differenze al momento incompatibili, ma solo orientandosi alla ricerca dei bisogni condivisi si creano le condizioni per trovare soluzioni cooperative, realizzabili, che aprono verso il comune cammino.

Inventare soluzioni: generare opzioni e definire obiettivi fattibili.
Una volta individuati i fondamenti dei problemi è necessario dedicare un tempo adeguato alla ricerca di soluzioni vantaggiose per tutti. Qui la fantasia, l’intelligenza, l’esperienza sono le risorse primarie: spesso si tratta letteralmente di inventare nuove soluzioni. Questo passaggio può sembrare banale, ma dal punto di vista pratico la fase dell’ideazione è spesso trascurata o comunque mal gestita (per es. è frequente che il brainstorm sia pieno di giudizi e commenti sulle idee espresse!). Non identificarsi (né identificare l’altro) con le idee facilita moltissimo la ricerca di soluzioni diverse e forse migliori. Rimanere attaccati alle proposte di soluzione è un'abitudine frequente che rappresenta un ostacolo non solo al consenso, ma soprattutto al raggiungimento di soluzioni di buona qualità. Abbandonare una proposta di soluzione non significa rinunciare ai propri principi o ai propri bisogni, ma semplicemente ricercare altre soluzioni.

Operare scelte sulla base di criteri riconosciuti e trasparenti.
I criteri che sottendono ogni scelta devono essere esplicitati e riferiti quanto più possibile a elementi verificabili, o a principi comunemente accettati. I criteri non devono dipendere dalla volontà o dal controllo di alcuna delle parti in gioco. È qui che in genere si esercita più o meno consapevolmente un uso scorretto e manipolatorio del potere per orientare le scelte verso interessi di parte (per es. con minacce velate, ripicche, attacchi personali che spostano l’attenzione dai termini concreti del problema, ecc.)

Saper stare costruttivamente nel disagio (frustrazione, irritazione, preoccupazione…)
Il MC è in sostanza un processo di gestione costruttiva e nonviolenta dei conflitti. Il conflitto qui è visto come fenomeno assolutamente naturale, di per sé né giusto né sbagliato. Quando un gruppo crea un'atmosfera che facilita l’espressione del disaccordo e delle emozioni che ad esso si accompagnano (paura, irritazione, frustrazione e così via), costruisce le basi per decisioni più funzionali e soddisfacenti. Perciò facilitare una buona comunicazione è un fattore chiave: comunicare "è" gestire la relazione e i conflitti. Ma bisogna riconoscere che anche mediante un uso perfetto del metodo e un’ottima comunicazione i problemi, che non di rado sono complessi e complicati, possono rimanere sul momento irrisolti. E allora?
Se si procede con cura e si alimenta la fiducia, il paesaggio entro cui si prenderanno le decisioni (perché comunque e sempre si decide qualcosa) sarà come minimo più chiaro e comprensibile. E ciò costituisce un buon terreno per arrivare a decisioni che cercano per quanto possibile di rispettare i bisogni essenziali in gioco. A volte per es. bisogna accettare il fatto di non poter decidere su una determinata questione. Allora saper gestire costruttivamente il disagio personale e collettivo che deriva da tutto ciò è indispensabile nel processo consensuale: pazienza e fiducia sono le qualità fondamentali.


Un metodo morbido per persone/gruppi forti.

In definitiva questo processo tende a costruire "accordi nel disaccordo", dove cioè il disaccordo particolare è dentro una cornice di accordo generale fondato su rispetto e fiducia reciproci: il consenso riguarda in sostanza la volontà di continuare a camminare insieme e sperimentare insieme.
Questo consenso di fondo deve però essere basato sulla fiducia e sulla libertà, altrimenti non funziona, anzi nemmeno si potrebbe chiamare consenso. Infatti non è consenso quello che si fonda sulla paura dell’altro o sulla dipendenza dagli altri. Il MC è un metodo che richiede quindi una certa maturità e forza interiore dei soggetti che lo usano, e che usandolo si rafforzano: come la nonviolenza è l’arma del forte, così il MC è il metodo decisionale dei forti.
 
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